PNRR, il governo cambia gli obiettivi: “È la prima volta che succede”. E sulla quarta rata…

Non è periodo particolarmente roseo per il governo Meloni e i suoi componenti. Tra il caso Santanchè e quello La Russa, sono tante le grane da risolvere per Giorgia Meloni. Ultimo e non ultimo problema quello relativo ai fondi del PNRR tanto attesi dall’Europa. Ebbene, il governo Meloni ha deciso di cambiare gli obiettivi del Pnrr. Avete capito bene. È la prima volta che accade da quando il Piano di ripresa e resilienza è nato. Sono dieci le modifiche approvate dalla cabina di regia, convocata d’urgenza dal ministro Raffaele Fitto, che ha la delega al Piano di ripresa e resilienza. Le correzioni riguardano 10 dei 27 obiettivi relativi alla quarta rata. Al termine della cabina di regia Fitto ha commentato: “La proposta di modifica della quarta rata è stata approvata poco fa dalla cabina di regia. La quarta rata aveva 27 obiettivi da raggiungere, si interviene su dieci obiettivi con correzioni di tipo tecnico amministrativo e altre più nel merito. La proposta di modifica sarà inviata già oggi alla commissione europea e con un’informativa al Parlamento”. E ancora: “Questo percorso” di revisione dei target “porterà alla richiesta dell’intera quarta rata, non immaginando un definanziamento”.

Il via libera dalla riunione che si è tenuta all’ora di pranzo a Palazzo Chigi e a cui hanno preso parte tutti i 24 ministri, i cinque sottosegretari alla presidenza del Consiglio e i rappresentanti degli enti locali. È il perimetro della partecipazione a restituire l’urgenza della necessità di chiudere la proposta di rimodulazione degli obiettivi della quarta rata. Che vale 16 miliardi e che rischia di slittare all’anno prossimo. Un’eventualità che preoccupa l’opposizione: la segretaria del Pd Elly Schlein rompe gli indugi e chiede alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di riferire in Parlamento.

E sulla quarta rata...

L’ordine del giorno della riunione era composto da due punti. Il primo: “Revisione della IV rata del Pnrr”. Il secondo: “Varie ed eventuali”, una voce generica dietro cui si cela però la necessità di affrontare anche la questione della revisione generale del Piano, la cui scadenza è fissata tra poco più di un mese e mezzo, il 31 agosto. Oltre a Fitto, al tavolo tutti gli altri ministri del governo, i sottosegretari di stanza a Palazzo Chigi Alfredo Mantovano, Giovanbattista Fazzolari, Alberto Barachini, Alessio Butti e Alessandro Morelli. Ma anche Massimiliano Fedriga, il presidente della Conferenza delle Regioni, Antonio Decaro in rappresentanza dei Comuni e Michele De Pascale, presidente dell’Unione delle province.

La terza rata del pagamento europeo, quella da 19 miliardi, è ormai notoriamente in ritardo dopo un’analisi di quasi otto mesi, contro i due canonici. Ma dovrebbe sbloccarsi a breve.Diverso il caso della quarta. Nelle scorse settimane, il governo ha avviato una trattativa con Bruxelles per rivedere alcuni dei 27 obiettivi che andavano raggiunti entro il 30 giugno, dall’affidamento dei lavori per la costruzione e la riqualificazione degli asili nido alle stazioni a idrogeno. La riunione della cabina di regia è servita a chiudere la proposta di revisione. Un salvataggio in extremis della quarta rata, che non cancella però i ritardi. Perché l’Italia, in base a quanto stabilisce la tabella di marcia del Pnrr, avrebbe dovuto inviare la richiesta per la quarta rata entro la fine di giugno. E invece, prendendo atto delle criticità su alcuni obiettivi, ha scelto di posticipare l’invio, negoziando nel frattempo la revisione con la Commissione Ue. Soprattutto ora serve il via libera della Commissione europea, dopo un accordo informale già raccolto da Roma nelle ultime ore.

Il governo ritiene che, avendo avviato la trattativa in anticipo, il giudizio dell’Ue sarà di fatto un atto formale, che prenderà atto di un accordo raggiunto prima. Ma la vicenda della terza rata, con un esame di quasi sei mesi e mezzo, è il precedente che impone un dato di realtà: non c’è certezza sui tempi della valutazione dell’Ue. E poi, tra il via libera e l’erogazione dei fondi, passa qualche settimana. Sulla terza rata è stato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ad alimentare la speranza che si sblocchi presto l’assegno: “Posso dirvi che la Commissione non procederà mai a un esborso se non saranno raggiunti gli obiettivi – ha chiarito ieri – Per questo nello specifico la valutazione richiede tanto tempo: la terza richiesta è stata presentata alla fine dell’anno scorso e quindi i tempi sono molto più lunghi, sei mesi rispetto ai due ordinari. Comunque stiamo facendo questa valutazione molto approfondita, le autorità italiane stanno lavorando e penso che l’esercizio si concluderà tra breve”.

Le altre scadenze del PNRR

Più articolato il discorso sulla quarta rata. Come ricostruiva Repubblica pochi giorni fa, a Palazzo Chigi e al Tesoro è già stato messo in conto un “inevitabile” impatto nei ritardi di pagamento sulle finanze pubbliche. Tanto che esiste un piano B che prevede una revisione al calendario delle emissioni del debito pubblico per supplire alla mancanza dei Fondi Ue, aumentando il valore già fissato all’interno di un intervallo importante, tra i 310 e i 320 miliardi. Un piano B inevitabile, appunto, se la quarta rata cadrà addirittura il prossimo anno, come pare sempre più probabile. E che andrà ad appesantire conti pubblici che già hanno visto raddoppiare il rosso di cassa dello Stato, con un fabbisogno che al Tesoro, nel primo semestre, ha raggiunto 95 miliardi di anno contro i 43 dell’anno prima. Anche perché, come ha certificato l’Osservatorio di Openpolis dedicato al Pnrr, al 30 giugno era previsto il completamento di 27 scadenze relative all’ultimo semestre: la transizione ecologica (7), la pubblica amministrazione (4), l’inclusione sociale e lavoro e imprese (3).

 

“Sono solo 10 le scadenze che risultano completate, anche se tra le 17 ancora da conseguire, 4 possono essere considerate a buon punto. Cioè vicine al completamento, in base alle informazioni disponibili”, ha certificato l’associazione che sta passando al setaccio il Piano. “Una di queste riguarda l’entrata in vigore della riforma del codice dei contratti pubblici, per la quale attualmente mancano all’appello 3 decreti attuativi. Per la riforma del pubblico impiego invece manca ancora un decreto del presidente della repubblica che vada a modificare il precedente Dpr 487/1994 riguardante i concorsi pubblici. Sempre a buon punto è la scadenza legata all’erogazione alle imprese delle risorse del fondo impresa donna. In questo caso il governo dichiara che le aziende ammesse a finanziamento sono 743 (l’obiettivo da raggiungere era di 700), ma non vi è nessuna evidenza del fatto che i fondi siano stati effettivamente erogati, come richiesto dalla scadenza”, una delle osservazioni.

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