Del Ponte sullo Stretto ne avevamo già parlato spesso negli ultimi giorni. Salvini, da ministro delle infrastrutture, è determinato a realizzarlo dopo tanti anni in cui se n’è parlato ma senza mai concretizzare la cosa. Negli ultimi tempi erano circolate voci sul fatto che l’opera costasse molto di più rispetto a quanto preventivato (15 miliardi anziché 10) e questo ha di fatto messo in difficoltà sia il ministro che il governo Meloni.
Non solo, perché già quando Salvini aveva annunciato il nuovo codice degli appalti c’era stato un putiferio. A mettere in guardia Salvini dal rischio di voto di scambio e favori ai “cugini” il presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia, che ha parlato in audizione alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti alla Camera. Lo stesso Busia che adesso si è espresso sulla realizzazione del famoso Ponte sullo Stretto. Ecco cosa ha detto.
Nel “decreto Ponte” – dice Busia – “i costi non sono definiti e non è chiara quale sia la disciplina contrattuale applicabile. Serve vincolare il contraente generale a tempi e costi per rispettare la normativa europea e tutelare l’interesse pubblico”. Definire la disciplina contrattuale applicabile, ha spiegato Busia, “è importante in particolare per quelli che sono gli obblighi del contraente generale”.
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“I costi – ha poi osservato – non sono definiti dal decreto, mentre nel 2012 si subordinava la realizzazione dell’opera alla capacità di garantirne una sostenibilità economica, qui questo non c’è. Occorrerà valutare quali saranno le modifiche e l’impatto economico dell’opera. Vi sono elementi che portano a pensare che l’incremento economico sarà notevole, non solo per l’aumento dei costi delle materie prime, ma anche al tempo trascorso e alla necessità di adeguamenti”.
Il numero uno dell’Anac ha sottolineato come il decreto legge in questione, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, abbia determinato una posizione di vantaggio del contraente generale privato. E su questo Busia ha messo in guardia governo e Parlamento. Il decreto fa accettare al pubblico il progetto dei privati, senza chieder loro di rinunciare al contenzioso in corso con lo Stato, e non stabilisce obblighi in capo al contraente generale sui tempi di realizzazione dell’opera, i costi, l’assunzione dei rischi.
“Suggerisco al Parlamento di modificare questa parte, per non favorire eccessivamente un privato, che è già stato ampiamente posto in vantaggio dalla decisione di non fare la gara, accettando il vecchio progetto del 2011 di loro proprietà”, ha sottolineato il numero uno di Anac.