Intervistato da Luca Sommi durante l’ultima puntata di Accordi e disaccordi, il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha parlato a 360 gradi della prescrizione e dei condoni da parte del governo.
Per Travaglio è “difficile trovare qualcosa di più trasversalmente odiato della prescrizione. Quella all’italiana, che le destre, Azione e Iv vogliono ripristinare azzerando la Spazzacorrotti del 2019 e tornando all’ex Cirielli imposta da B. nel 2005, funziona così. Tizio stupra una ragazza fuori dalla discoteca. Questa denuncia il fatto dopo qualche settimana, appena supera lo choc. Partono le indagini e la prescrizione inizia a ticchettare (dal giorno in cui è avvenuto il fatto, non da quando è stato scoperto).
Si ascoltano i testimoni, alcuni vengono intercettati o si vedono sequestrare i telefonini, si cercano immagini dalle telecamere, si individua un sospettato, si raccolgono le prove, lo si arresta. Finite le indagini c’è il deposito degli atti, poi i 90 giorni per farne altre a richiesta delle parti, poi la richiesta di rinvio a giudizio, poi l’udienza preliminare e il rinvio a giudizio. Dopo mesi o anni inizia il processo e, dopo mesi o anni, arriva la condanna di primo grado.
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L’imputato ricorre in appello e lì, se i giudici sono lenti (o qualcuno viene trasferito) e gli avvocati la tirano in lungo con tutti i cavilli gentilmente offerti dal Codice di procedura, scatta la prescrizione prima della sentenza. Se invece si fa in fretta, il verdetto d’appello arriva in tempo. Ma la mannaia può calare in attesa di quello definitivo (il terzo, oppure il quinto se la Cassazione annulla con rinvio). Così lo stupratore resta innocente e torna libero di frequentare il quartiere, di incontrare la stuprata che l’ha denunciato e, incoraggiato dall’impunità, di riprovarci con altre ragazze.
La stessa scena si ripete ogni anno in 200 mila processi (eccetto quelli per omicidio volontario e strage), con tempi diversi a seconda dei reati. Un’amnistia selettiva per ricchi (quelli che possono permettersi di pagare gli avvocati per anni). Un incentivo ad allungare i tempi per arraffare la prescrizione anziché la condanna. E la paralisi del processo “accusatorio”, che può funzionare solo se – come nei Paesi anglosassoni – il 90% degli imputati patteggia o sceglie il rito abbreviato rinunciando al dibattimento, ma nessuno lo fa per non giocarsi la prescrizione.
Perciò, dopo tanti appelli di magistrati, giuristi, giornali e vittime, Bonafede fermò la prescrizione dopo la prima sentenza. Ora che la coraggiosa riforma inizierebbe a salvare i primi processi da morte certa e a evitare che i tanti Tizio tornino liberi di stuprare, le tre destre e il Terzo Palo la cancellano. Resuscitando B. e l’ex Cirielli (il meloniano che all’epoca si vergognò di darle il suo nome e oggi non fa una piega). I 5Stelle si oppongono da soli, mentre il Pd riesce ad astenersi persino sulla loro mozione salva-troyan per tangentari. Riuscirà Elly Schlein a lasciarsi sfuggire una battaglia sacrosanta che imbarazza Meloni e, per giunta, porta voti?