Report incastra Sgarbi: ecco la prova che lo inchioda – IL VIDEO

Report ha scoperto che la tela di Sgarbi è in effetti rubata. Ecco il dettaglio che lo incastra. Le anticipazioni.

Ci sono importanti novità che riguardano Vittorio Sgarbi. Il quadro di Manetti “scoperto” da Sgarbi è lo stesso rubato al Castello di Buriasco. Lo suggeriscono un’infinità di dettagli che combaciano, lo confermano gli esperti. Nel 2021 Vittorio Sgarbi mette in mostra a Lucca la “Cattura di San Pietro”, una preziosa tela che presenta come “inedito” di Rutilio Manetti di sua proprietà. Dice di averla trovata nella sua villa di Viterbo “per un colpo di culo”. Il Fatto scopre però che un identico dipinto era stato rubato al Castello nel 2013. E il testo curatoriale della mostra che ne indicava la provenienza faceva acqua da tutte le parti. “Sono diversi, nel mio c’è una candela, l’altro è solo una copia”, replica il sottosegretario. Quello che non dice, però, è che le copie le faceva fare lui. Ma c’è di più.

Le anticipazioni della prossima puntata di Report

Proprio il confronto tra la scansione utilizzata per quella riproduzione dell’opera e le foto del restauratore cui l’affidò tre mesi dopo il furto, indica con ragionevole certezza che si tratti proprio della stessa: tela, pigmenti, lacerazioni, rattoppi. Ma la prova regina è il frammento rivenuto sul luogo del furto: si incastra “a pennello” nella versione esposta a Lucca. Tutto questo si vedrà nella seconda puntata dell’inchiesta “Il ritratto di Vittorio” realizzata dal Fatto insieme a Report, in onda domenica sera su Rai3.

L’indagine riparte da un piccolo laboratorio nella zona industriale di Correggio, mezz’ora d’auto da Reggio Emilia, in grado di sfornare una sorprendente riproduzione su tela della “Cattura di San Pietro”. Una è stata fatta proprio per Vittorio Sgarbi, che utilizzò lo stabilimento come la sua personale “fabbrica dei cloni”. Lo raccontano foto, video e fatture. Eccolo, infatti, Sgarbi che si aggira nel laboratorio tra il vero Rutilio Manetti e la riproduzione fresca di stampa, ne scruta i dettagli con una torcia. Ma che ci faceva lì? Quali altre opere ha riprodotto e a che scopo? E perché ha taciuto tutto questo? Il sottosegretario risponde: “l’ho venduto”. E per levarsi i giornalisti dai piedi chiama la polizia, li fa identificare accusandoli di stalking e si congeda augurando loro una morte prematura. In tutto questo però non acconsente a mostrare il dipinto. In assenza di un’analisi fisica e chimica, l’unico confronto possibile tra le due versioni è di tipo tecnico-fotografico. Anche così, il verdetto è schiacciante: c’è un solo Manetti, ed è quello rubato.

La prova che incastra Sgarbi

Come riporta oggi il Fatto Quotidiano, la prova regina è il brandello di tela che i cronisti hanno rinvenuto a Buriasco, incastrato tra la foto sostitutiva in plastica e la cornice lasciati sul “luogo del delitto”. Acquisito dal Nucleo Tutela dei Carabinieri di Roma il 20 dicembre scorso, quel reperto può collegare direttamente la copia di Sgarbi al quadro trafugato. Il lembo di tela, di forma triangolare bianco e nero, sembra provenire da un’area in basso a destra. Una delle tre punte dell’alabarda posata a terra. L’immagine in alta risoluzione del reperto gira sul monitor cercando l’incastro sia nelle foto di Mingardi che in quella esposta a Lucca. Gira gira gira finché… “zac”, si incastra a pennello in un’area dove un rattoppo copre un vistoso buco. Le lacerazioni si saldano, il vuoto corrisponde perfettamente al frammento. E in quel vuoto rischia ora di cadere un sottosegretario.

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