Scandalo ATAC e dirigenti Regione Lazio: ecco cosa è successo a Roma

Non ci sono buone notizie per i dirigenti della Regione Lazio. La vicenda è di quelle brutte e riguarda l’ATAC, la compagnia che si occupa dei trasporti a Roma. Ma andiamo con ordine. La storia riguarda l’ex rimessa Atac in zona Tuscolana, a via Lucio Sestio. Locali che dal 2008 sono stati occupati abusivamente da una serie di collettivi. I quali hanno realizzato al loro interno la Casa delle Donne Lucha y Siesta. Ebbene, il danno causato alla Regione ammonta a oltre 1,7 milioni di euro. Che qualcuno dovrà pur pagare.

Quando la Giunta Raggi vara il concordato preventivo di Atac portandolo in tribunale per l’approvazione, fra gli immobili da vendere per far cassa e ripianare i debiti dell’azienda dei trasporti c’è anche lo stabile di via Lucio Sestio, con valore stimato di 2 milioni e 600 mila euro. Il Comune, per venderlo bene, decide di ricollocare gli occupanti abusivi. Ma nel febbraio 2020 interviene la Regione con il segretario generale della Giunta, Andrea Tardiola. Che «avvia – si legge nell’atto di citazione a giudizio – un’interlocuzione con il Comune a cui chiedeva di dare continuità alle attività di accoglienza chiedendo di evitare il trasferimento» degli occupanti, donne e minori.

ATAC, la decisione della Corte dei conti

La trattativa va avanti per mesi; nel frattempo, un paio di aste vanno deserte e il prezzo scende. Alla fine, l’offerta della Regione è di 2 milioni e 82mila euro che, visto lo stato di occupazione, scontate a un milione 457mila euro più Iva. Totale: un milione 775mila euro che pagano a novembre 2021. Pochi mesi dopo, marzo 2022, la Regione assegna l’immobile agli occupanti. Un po’ la stessa procedura che ora segue il Campidoglio con lo Spin Time o la ex caserma del Porto Fluviale.

Ebbene, la Corte dei conti ha aperto un procedimento per danno erariale nei confronti di Antonio Tardiola e di altri tre dirigenti apicali della Regione. Marco Marafini, direttore del Bilancio; Wanda D’Ercole, all’epoca dei fatti direttore generale dell’area Pari opportunità. E poi Arcangela Galluzzo, dirigente dell’area pari opportunità. Secondo i pm contabili, «il bene acquistato (dalla Regione) era già occupato senza nessun titolo legale dal collettivo (Lucha y Siesta). L’acquisto quindi era finalizzato a consentire la prosecuzione dell’occupazione illegittima che altrimenti sarebbe dovuta cessare». Di fatto, quindi, «l’evidentissima illiceità delle condotte» dei quattro dirigenti regionali «è un’iniziativa volta a favorire la prassi delle occupazioni abusive».

Di fatto, quindi, viene creato «un danno alle casse pubbliche», poiché con questa acquisizione sono state «distratte ingenti risorse pubbliche dai fini istituzionali». Inoltre, i quattro «hanno proceduto all’acquisto di un bene senza nemmeno porsi il problema circa la sussistenza di eventuali disponibilità nel patrimonio regionale». Mentre il rispetto delle «procedure rassicura che l’interesse pubblico non sia strumentalizzato al fine di premiare specifici gruppi di interesse, bene individuate posizioni ideologiche o più semplicemente privati personalmente vicini ai pubblici decisori».

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