Ospite da Scanzi in diretta web, parla l'ex collaboratore che ha fatto dimettere Sgarbi. Ecco come sono andate le cose.
Da Andrea Scanzi è intervenuto Dario Di Caterino, l’uomo dietro le dimissioni di Sgarbi. Ha raccontato la sua versione dei fatti in diretta web con Scanzi: “Vittorio Sgarbi, nel periodo settembre-ottobre, quando ancora lavoravo per lui, stava lavorando a una candidatura per le Europee con Cateno De Luca e Stefano Bandecchi. Credo che quella sia ancora la sua exit strategy da tutta questa situazione”. A rivelarlo ad Andrea Scanzi, nel corso di una diretta sui social, è stato Dario Di Caterino, ex social media manager del sottosegretario (ex?) alla Cultura del governo guidato da Giorgia Meloni. Ma non solo: secondo Di Caterino, il critico d’arte era a conoscenza della legge Frattini, vale a dire che sapeva di svolgere attività incompatibili col proprio ruolo nell’esecutivo. “Il problema nella gestione delle sue attività professionali nasce proprio con la nomina da sottosegretario”.
La reazione di Sgarbi
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«Questa vicenda è nata con due lettere anonime di un tale Dario Di Caterino. Mi odia perché voleva lavorare per me e io invece non l’ho assunto». Così Vittorio Sgarbi riassume oggi con il Corriere della Sera la storia delle sue dimissioni, arrivate ieri dopo il verdetto dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Ma chi è Dario Di Caterino? Ex social media manager del critico d’arte, ha cominciato un rapporto professionale con lui all’epoca della candidatura alle elezioni amministrative del movimento Io Apro Rinascimento. È lui ad aver inviato una lettera a Giorgia Meloni e a Gennaro Sangiuliano con tutti i dati sulle consulenze che hanno poi portato all’indagine dell’Antitrust. E al verdetto che ieri lo ha spinto alle dimissioni. Mentre oggi è il giorno dell’ira: «È stato rubato l’account del ministero con tutti i dati di quello che ho fatto. Denuncerò alla polizia postale».
Di Caterino ha raccontato a Report e al Fatto Quotidiano di aver inviato la segnalazione in forma anonima. Sgarbi oggi se la prende con Sangiuliano, che avrebbe dovuto – secondo lui – consultarlo prima di inviare le segnalazioni all’Antitrust. L’ex sottosegretario si difende definendo «privo di fondamento» il testo dell’Antitrust. Perché quelle attività a suo parere «restano occasionali». Resta indagato per autoriciclaggio e furto di opere d’arte per la vicenda del quadro di Rutilio Manetti. E per esportazione illecita di beni culturali a Imperia per un quadro attribuito a Valentin de Boulogne. Su queste vicende dice che «sono tutte invenzioni del Fatto Quotidiano e di Report, che hanno fatto i piccoli poliziotti dando retta a Di Caterino e al restauratore Gianfranco Mingardi. Tutti e due avevano ragione di avere astio ed odio nei miei confronti».