Nino Di Matteo, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ha pronunciato parole forti durante la presentazione del libro di Saverio Lodato, Cinquant’anni di Mafia, al Teatro Quirino di Roma. Di Matteo ha criticato apertamente l’esclusione di Roberto Scarpinato dalla commissione parlamentare Antimafia, sostenendo che questa scelta sia motivata da un preciso intento politico: evitare che le indagini sulle stragi italiane degli anni ’90 possano spingersi oltre l’analisi della criminalità organizzata, toccando interessi e responsabilità che coinvolgerebbero anche esponenti della politica e settori della destra eversiva.
Un Esilio Voluto
Secondo Di Matteo, l’estromissione di Scarpinato risponderebbe al bisogno di scongiurare un’indagine approfondita sulle stragi che, all’epoca, sembravano mirare a destabilizzare l’ordine democratico in Italia. Queste indagini potrebbero far luce su alleanze che, durante il periodo delle stragi, sarebbero state funzionali alla nascita di nuovi movimenti politici, come Forza Italia. Tra i nomi citati da Di Matteo emerge quello di Silvio Berlusconi, il quale, attraverso Marcello Dell’Utri, avrebbe stabilito un legame controverso con figure vicine alla mafia. Questa “trattativa” tra Stato e mafia, infatti, è un tema di rilevanza storica e politica che Di Matteo non vuole vedere dimenticato.
Il Metodo Contestato dalla Commissione Antimafia
Di Matteo ha anche criticato il metodo di indagine scelto dalla commissione parlamentare, presieduta da Chiara Colosimo. “Nel biennio 1992-1994 sono state compiute sette stragi,” ha ricordato Di Matteo, evidenziando l’importanza di adottare una visione unitaria degli eventi, che permetta di cogliere i legami tra i singoli episodi e il contesto politico nazionale e internazionale del periodo. Eppure, a suo avviso, la commissione si starebbe concentrando in maniera esclusiva sulla strage di Via D’Amelio, la quale ha causato la morte del giudice Paolo Borsellino. Tale limitazione non permetterebbe una comprensione globale dei fatti, rischiando di far perdere la visione d’insieme e ostacolando l’accertamento della verità.
> “Atomizzare, spezzettare, considerare i fatti uno distinto dall’altro è il metodo che rischia di costituire la pietra tombale sulla speranza di approfondimento della verità,” ha dichiarato Di Matteo, descrivendo il rischio di trasformare l’indagine in un esercizio di facciata privo di profondità.
La Mafia Borghese e l’Influenza Politica
Durante il suo intervento, Di Matteo ha poi ricordato le denunce che Scarpinato ha rivolto alla cosiddetta “borghesia mafiosa,” un concetto che identifica il ruolo di quei settori sociali ed economici che, pur non appartenendo direttamente alla criminalità organizzata, ne hanno assecondato o sfruttato il potere. Tra i nomi coinvolti, spiccano quelli di Marcello Dell’Utri e Nicola Cosentino, personaggi che, con le loro connessioni all’interno del mondo politico e finanziario, avrebbero contribuito a scrivere l’agenda politica dell’epoca. Scarpinato, infatti, ha più volte sottolineato come attraverso l’influenza di queste figure si sia rafforzata la presenza della mafia nei luoghi di potere e come le loro azioni abbiano determinato parte delle scelte politiche italiane degli ultimi decenni.
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Una Storia di Potere e Collusione
L’esclusione di Scarpinato dalla commissione Antimafia, a detta di Di Matteo, rappresenta un ennesimo tentativo di sottrarre alla giustizia la possibilità di approfondire connessioni scomode tra criminalità organizzata, politica ed economia. La sua voce si aggiunge a quella di molti magistrati, scrittori e attivisti, come Saverio Lodato, autore del libro presentato, che denuncia come la lotta alla mafia sia stata rimessa indietro di decenni, “riportandola all’età della pietra”. Lodato accusa direttamente la classe politica, in particolare il governo di Giorgia Meloni, di non dare sufficiente attenzione alla criminalità organizzata, minando così il contrasto alla mafia.
Un Appello alla Verità
Di Matteo non si è limitato a fare un’analisi dei fatti, ma ha lanciato un appello a tutti coloro che credono nell’importanza della verità e della giustizia. Le sue parole sono un richiamo a non permettere che si disperda il lavoro di chi, come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ha sacrificato la propria vita per combattere un sistema di potere e collusioni che va oltre la mafia.
In un Paese dove la memoria delle stragi e dei misteri irrisolti è spesso selettiva e condizionata, Di Matteo invita a non abbassare la guardia e a continuare a chiedere giustizia. Il timore, però, è che questa esclusione possa rappresentare l’inizio di un silenzio istituzionalizzato sulle questioni più delicate della storia recente d’Italia.
L’esclusione di Scarpinato e le dichiarazioni di Di Matteo aprono uno squarcio su uno dei capitoli più bui della storia italiana, richiamando l’attenzione su fatti che sembrano destinati a rimanere nell’ombra. Ma, come sottolineato durante l’evento al Teatro Quirino, c’è chi non è disposto a far sì che la memoria venga messa da parte e che la giustizia rimanga una promessa disattesa.
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