Scurati, Rai, Berlusconi: l’intervista di Marco Travaglio da Gramellini [VIDEO]

Marco Travaglio è intervenuto a In altre parole da Massimo Gramellini, dove ha parlato di Berlusconi e del caso Scurati in Rai.

“Giorgia Meloni non è antifascista. Secondo me, non è fascista e non è antifascista: è afascista”. Lo ha detto Marco Travaglio a In altre parole, su La7, dopo la polemica sul monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile, cancellato dalla Rai. “Ha un sacco di elettori nostalgici, quindi per non perdere quegli elettori semplicemente non si pronuncia”. E aggiunge: “Non vorrei che l’opposizione pensasse di guadagnare voti chiedendole per cinque anni di dirsi antifascista. Perché anche se lo dicesse direbbero che è una bugia. E quindi perché glielo chiedete? Fatevene una ragione”, dice Travaglio. “E soprattutto ricordatevi perché avete perso. Hanno perso perché hanno basato la campagna elettorale sull’antifascismo e sull”agenda Draghi’. Purtroppo non ha funzionato, perché non ci crede nessuno che nel 2023 torna il fascismo”.

E su Berlusconi...

“Io credo che quelli che dicono di avere paura del comunismo hanno, in realtà, paura che qualcuno gli faccia pagare le tasse. Dico sempre: speriamo che arrivino questi famosi “comunisti” che facciano pagare le tasse a quei milioni di persone che vivono sulle spalle di quelli come noi che invece le tasse le paghiamo. Anche troppe“. Così il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, ospite della trasmissione In altre parole (La7), risponde al giornalista Massimo Gramellini che gli chiede come mai in Italia c’è gente che teme il comunismo più del fascismo. Gramellini menziona poi il francobollo commemorativo in onore di Silvio Berlusconi, così come deciso dal governo Meloni, chiedendo a Travaglio cosa ne pensi: “Il bello è che dicevano che io ne ero ossessionato e invece non vogliono lasciarlo in pace. Continuano sempre a riesumarne la salma, ora ci sono anche le marchette su Netflix”.
“Ma tu come immagini la sua effigie sul francobollo?”, chiede Gramellini.

“Vorrei che venisse rappresentato a mani giunte – risponde ironicamente il direttore del Fatto – con un’aureola e un giglio. Vorrei, insomma, che diventasse proprio il santo patrono d’Italia al posto di San Francesco, anche perché questa beatificazione post mortem di Berlusconi non è minimamente legata all’affetto. Quelli che gli volevano veramente bene erano pochissimi, Berlusconi era un uomo molto solo, circondato da servi, da approfittatori, da gente che voleva una eredità, che lo ricattava, che voleva succhiargli i soldi, preoccupando i figli legittimamente eredi”.

E conclude: “Quelli che beatificano post mortem Berlusconi se ne infischiano dei motivi affettivi, ma vogliono semplicemente affermare che sia giusto e sacrosanto quello che ha fatto lui, in modo che possano continuare a farlo anche loro nel loro piccolo ovviamente, perché lui era un grande, anche nel crimine, ma questi sono dei nani anche da questo punto di vista. Però vogliono continuare a fare come lui, perché è comodissimo fare politica come la faceva Berlusconi – chiosa – ti fai gli affari tuoi, quando ti beccano dici che è un complotto e quando beccano gli altri dici che bisogna sciogliere, ad esempio, la giunta regionale pugliese e che Emiliano deve dimettersi. È comodissimo fare politica in questo modo: non devi rendere conto a nessuno e menti spudoratamente a reti unificate”.

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