Il sottosegretario Sgarbi attacca Report dopo l'inchiesta in collaborazione col Fatto sulla tela rubata.
Il sottosegretario Sgarbi diffida la tv di Stato a mandare in onda l’inchiesta che lo riguarda. Nel farlo, come nulla fosse, evoca esplicitamente “restrizioni alla libertà di stampa”. I legali di Vittorio Sgarbi hanno inviato una pec alla Rai per intimare all’azienda pubblica a non trasmettere l’inchiesta di Report e del Fatto sul mistero del dipinto che nel 2021 presentò come “inedito” del Manetti di sua proprietà, ma risulta rubato a Buriasco (To) nel 2013. L’inchiesta annunciata da Sigfrido Ranucci sarà trasmessa domenica sera, su Rai3, alle 20:55. A viale Mazzini scrive l’avvocato Giampaolo Cicconi, storico legale del critico-politico. Fin dall’oggetto, muove il tema della presunta “violazione del segreto istruttorio”. “Tale inchiesta risulta sub judice tanto che, stando a quanto scritto dal quotidiano, i Carabinieri del Nucleo tutela dei Beni Culturali di Roma hanno escusso sulla vicenda, quale persona informata sui fatti, il sig. Gianfranco Mingardi. Quindi, può dirsi tranquillamente che l’nchiesta di “Report” e del “Il Fatto” viola, allo stato, il segreto istruttorio, e precisamente gli artt. 114 e 329 c.p.p., e gli artt. 326, 379 bis e 595 codice penale”.
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Nelle stesse ore, alla Rai arriva una seconda diffida, analoga, da un altro protagonista della vicenda. È l’amico e fedelissimo di Sgarbi Paolo Bocedi, paladino dell’antiracket. Si era recato più volte al castello su mandato del politico collezionista per tentare di acquistare il dipinto che sparirà a distanza di poche settimane. Anche questa è motivata dalla necessità di mantenere il “più assoluto segreto istruttorio”. Che verrebbe irrimediabilmente violato dalla messa in onda. Di più, la “la pubblicazione del filmato potrebbe influenzare l’esito a scapito della presunzione di innocenza”. Insomma, a poche ore dalla messa in onda di Report fioccano diffide. La loro natura strumentale però è evidente. Quando il Fatto scrive che sul suo scoop “si sta muovendo l’autorità giudiziaria” indica una circostanza fattuale facilmente riscontrabile. L’unica indagine giudiziaria sul furto del dipinto era stata aperta dalla Procura di Pinerolo nel febbraio 2013 e archiviata dopo una settimana appena. Il “segreto istruttorio” su questo, dunque, non è mai esistito. Semmai è stato il lavoro d’indagine “sul campo” fatto dai cronisti otto anni dopo a suscitare l’interesse degli inquirenti che, evidentemente, hanno ritenuto meritevoli di approfondimento le notizie pubblicate dal nostro giornale. Ed è proprio questo, par di capire, che Sgarbi&c volevano evitare.
La reazione del M5S
“La diffida di Vittorio Sgarbi a mandare in onda l’inchiesta di Report che lo riguarda su un quadro del Seicento rubato, è irricevibile e rappresenta l’ennesima intimidazione inaccettabile al Servizio Pubblico e alla libertà di stampa. Siamo di fronte all’ ultimo capitolo di una questione morale che attraversa in maniera trasversale governo e maggioranza, che non si fanno scrupolo a minacciare il giornalismo indipendente con minacce, querele e diffide come già in passato avevano fatto Urso e Gasparri. Purtroppo è questa la cifra del governo Meloni: mandare avanti i giornalisti amici e militanti dei partiti di governo e mettere all’angolo chiunque faccia sul serio il proprio lavoro portando alla luce il marcio come fa meritoriamente la trasmissione di Sigfrido Ranucci. Siamo convinti e chiediamo con forza che la Rai non si faccia intimidire dalle minacce di Sgarbi e mandi in onda normalmente Report, a tutela della propria indipendenza e dei cittadini che pagano il canone”. Così gli esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione di vigilanza Rai.