Vittorio Sgarbi non è di certo uno che le cose le manda a dire, a chi ha davanti. Ormai lo conosciamo da anni: tante le occasioni in cui l’esperto di arte si è lasciato andare ad insulti e a parole molto colorite, nei dibattiti in tv. Stavolta, però, parliamo di Sgarbi per una faccenda che riguarda il portavoce di Giuseppe Conte, Rocco Casalino. Ecco cosa è successo fra i due.
Gli insulti a Rocco Casalino
Stavolta Vittorio Sgarbi rischia davvero grosso. Si parla di una multa salatissima per il sottosegretario. Ma andiamo con ordine. Per capire di cosa è accusato Vittorio Sgarbi, dobbiamo tornare per un attimo ad una puntata di Stasera Italia su Rete4. Quando proprio Sgarbi definì Rocco Casalino una “checca inutile”. Ebbene, Sgarbi è stato condannato per diffamazione nei confronti dell’ex portavoce di Palazzo Chigi e dovrà pagare mille euro di multa più tremila euro di spese processuali. E poi c’è il risarcimento danni, ancora da quantificare, che la parte civile stima nell’ordine dei 50mila euro.
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Ma cosa era successo nel corso della puntata? Era il 30 gennaio 2020 e ospite della trasmissione condotta da Barbara Palombelli c’era il critico d’arte. Il sindaco di Arpino si era lanciato in una lunga invettiva contro il governo “giallorosso” guidato da Giuseppe Conte. Aveva già chiamato in causa gli allora ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Fioramonti (definendoli “figure intermedie che non valgono niente”), prima di rifilare l’insulto discriminatorio al portavoce del presidente del Consiglio: “Rocco Casalino, una checca inutile”. Un’offesa personale e denigratoria sull’orientamento sessuale che il giornalista e politico del Movimento 5 Stelle non ha lasciato di certo correre.
Sgarbi aveva poi provato a sminuire l’offesa. Cercò di spiegare che l’insulto era solo sinonimo di “omosessuale” e quindi da non considerare come offensivo. La difesa del critico, gli avvocati Giampaolo Cicconi e Manuel Varesi, hanno argomentato che l’attuale sottosegretario al ministero della Cultura stava solo manifestando il proprio pensiero, tirando in ballo anche la sua carica da deputato. Motivi per i quali, secondo i difensori, Sgarbi non sarebbe stato processabile.
La Corte di Cassazione però, come sottolineato anche dall’avvocato di parte civile Tommaso Gioia, “ha già stabilito che per il reato di diffamazione non è invocabile l’immunità parlamentare”. Perché chi come Sgarbi “diffama un avversario politico non può ottenere l’immunità in quanto manca qualsiasi nesso funzionale con l’attività parlamentare”. Il critico peraltro era già stato condannato varie volte per lo stesso reato ed è “recidivo infra-quinquennale”. Ora la parola passa al Tribunale civile. Intanto, si aspettano le motivazioni della sentenza.