C’è un dato passato spesso inosservato dalla maggior parte dei giornali negli ultimi giorni e riguarda il settore manifatturiero italiano. Mentre la premier Giorgia Meloni, nel corso del suo intervento all’assemblea di Assolombarda, parlava del “miracolo italiano” sottolineando come il Paese stia “dimostrando una affidabilità maggiore rispetto al resto dell’eurozona”, le agenzie di stampa battevano la notizia che l’indice manifatturiero dell’Eurozona, redatto da S&P Global, è diminuito a 43,4 a giugno da 44,8 di maggio e che quello italiano ha registrato una delle peggiori performance.
I dati dell’indagine di giugno, come riporta oggi La Notizia, hanno mostrato che in parecchie delle nazioni monitorate le prestazioni manifatturiere sono state le peggiori dalla fase iniziale della pandemia da Covid-19 nella prima metà del 2020. Austria, Germania, Italia, Irlanda e Paesi Bassi hanno registrato i cali maggiori delle condizioni operative in oltre tre anni. Secondo i dati di settore, la contrazione della produzione mensile dei beni di consumo, di investimento e intermedi è risultata più rapida, con quella dei beni intermedi che ha riportato il calo più veloce.
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Il volume della produzione è stato ridotto dalla debolezza delle condizioni della domanda di mercato. L’afflusso totale dei nuovi ordini ricevuti è diminuito rapidamente a giugno e al tasso massimo in otto mesi. Anche la domanda estera, incluso il commercio intra eurozona, è calata, segnando il sedicesimo calo mensile dei nuovi ordini destinati al mercato estero.
Secondo Cyrus de la Rubia, capo economista della Hamburg Commercial Bank, citato da S&P “è sempre più evidente che il settore industriale ad alta intensità di capitale sta reagendo negativamente all’impennata del tasso d’interesse della Bce”. Tutte le maggiori economie dell’area euro hanno assistito a performance particolarmente deboli, salvo la Spagna il cui relativo indice Pmi ha segnato 48 punti e la Francia con 46 punti. In Olanda l’indice Pmi manifatturiero ha registrato 43,8 punti come l’Italia, in Germania 40,6 e in Austria 39 punti.
I numeri peggiori per il governo dai tempi della pandemia
Il settore manifatturiero italiano ha concluso dunque un difficile secondo trimestre, registrando il peggiore calo della produzione dal culmine della crisi pandemica da Covid-19 nel 2020. I nuovi ordini sono calati notevolmente, mentre le aziende hanno ridotto drasticamente i loro acquisti. La carenza della domanda e il rapido miglioramento della catena di distribuzione hanno favorito la contrazione dei prezzi di acquisto ad un tasso mai osservato da aprile 2009.
Le aziende hanno continuato ad aggiungere personale, anche se la crescita è scivolata ad un tasso marginale a causa dell’ottimismo sulla previsione futura che è diminuito rispetto a maggio. Inoltre, attestandosi al di sotto della soglia neutra di non cambiamento di 50 per il terzo mese consecutivo, l’indice si è ridotto da 45.9 di maggio a 43,8 e ha mostrato il peggioramento maggiore delle condizioni operative da aprile 2020. L’indice è stato compromesso dal crollo più rapido della produzione e dei nuovi ordini. Nel primo caso il declino è stato il più elevato da quello drammatico causato dalle restrizioni pandemiche di aprile 2020, la contrazione dei nuovi ordini invece è stata la maggiore registrata dall’indagine in otto mesi.
Le aziende campione hanno prevalentemente riportato una carenza della domanda di mercato, con l’incertezza e l’utilizzo delle giacenze tra i clienti, l’alta inflazione e la riduzione dei budget che hanno influenzato i nuovi ordini. Le esportazioni sono diminuite per il terzo mese consecutivo, e al livello maggiore dallo scorso ottobre. L’entità del calo degli ordini generali ha in parte colto alcune aziende manifatturiere di sorpresa, lasciandole con un’eccedenza di giacenze presso i loro magazzini.