Danilo Toninelli è tornato a parlare sui social. L’ex senatore del M5S ha voluto commentare il ritorno dei vitalizi votato ieri da alcuni membri del centrodestra e grazie all’astensione del PD. Nell’ultimo video pubblicato sui social Toninelli ha detto: “Ma non provate anche voi un po’ di schifo nel vedere queste cose? Li avevamo tolti e loro, anche grazie all’astensionismo del PD, si sono ripresi i privilegi della casta…”. In fondo all’articolo trovate anche il video.
A proposito di vitalizi, oggi Repubblica ha intervistato Luigi Vitali, presidente del Consiglio di garanzia di Palazzo Madama, l’organismo autore della contestata decisione sullo stop al taglio dei vitalizi. L’ex senatore di Forza Italia – non rieletto alle ultime elezioni – rivendica la scelta: la delibera del 2018, quella con cui si decretò la sforbiciata, “ha colpito alla cieca senza creare un sistema di bilanciamento”, sostiene. Con la decisione del Consiglio, da lui sponsorizzata, Vitali avrà un aumento di 500 euro sugli attuali 4.300. “Se i parlamentari non sono d’accordo – ribatte – facciano una legge”.
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L'intervista di Repubblica a Vitali di Forza Italia sui vitalizi
Perché avete deciso di abolire il taglio?
“La questione si protrae da tre anni e dovevamo prendere una decisione prima che si insediasse il nuovo Consiglio”.
Non si poteva evitare?
“Abbiamo deciso sulla base di quanto è stato detto dal presidente dell’Inps e dal Consiglio di Stato. Con queste due valutazione abbiamo trasmesso gli atti alla Corte costituzionale chiedendole di pronunciarsi sulla legittimità di un provvedimento che, nei fatti, stabiliva con effetto retroattivo un taglio di un diritto acquisito”.
E cosa vi ha risposto?
“Che la strada da seguire era quella delle pensioni d’oro, calcolate con il sistema retributivo come i vitalizi. Dunque il taglio retroattivo è legittimo a condizione che sia proporzionato e, soprattutto, temporaneo. Ecco, noi abbiamo applicato lo stesso principio ai vitalizi, circoscrivendo la durata del taglio a tre anni e dunque facendolo terminare con l’inizio di questa legislatura”.
La tempistica è dirimente: la decisione del consiglio arriva mentre molti italiani si trovano in condizione di difficoltà economica.
“Sono d’accordo, ma in qualità di presidente del Consiglio di garanzia devo rispondere alla legge e alla mia coscienza. Poi se il Parlamento ritiene che tutti i problemi del Paese siano riconducibili ai vitalizi faccia una legge ordinaria e risolva il problema alla radice”.
Francamente, c’era tutta questa necessità?
“Non c’era una necessità, c’era il dovere di dare una risposta su una questione di cui ci occupiamo da anni”.
E non si poteva prendere una decisione diversa? Magari confermando il taglio o rimodulandolo?
“Certo che si poteva, ma dal mio punto di vista la conferma non è giuridicamente legittima per le ragioni che ho già spiegato. E la maggioranza del Collegio la pensa come me”.
Chi è che ha votato a favore dello stop?
“Il collega Balboni ha preso pubblicamente le distanze dalla decisione. Del comportamento degli altri non posso parlare. Io ho votato a favore, ero il relatore del provvedimento insieme al collega Grassi”.
Considera ingiusto il ricalcolo contributivo della pensione da parlamentare?
“Quella delibera è sbagliata: ha colpito alla cieca senza creare un sistema di bilanciamento. Ci sono ex parlamentari che con il retributivo prendevano fino a 5 mila euro e con il ricalcolo contributivo si sono trovati di punto in bianco con una pensione di 1.200 euro”.
Lei è in Parlamento dal 1996. La decisione avrà effetti anche sulla sua pensione?
“Sì, avrò un aumento di circa 500 euro. Ma ripeto: se si ritiene che ciò non sia giusto i parlamentari possono tranquillamente risolvere il problema con una legge ordinaria in modo tale che dei ricorsi se ne occupi un giudici anziché un parlamentare con un conflitto di interessi”.
Al momento lei quanto prende di vitalizio?
“Con il taglio prendo circa 4300 euro”.
Non proprio 1200 euro…
“Le pensioni sono alte solo per coloro che hanno maturato più di quattro legislature. Il problema si pone per quei parlamentari – la maggioranza – che avendo fatto una o due legislature con il contributivo si sono passati da una condizione di agiatezza ad una condizione di semi povertà”.