Travaglio asfalta la fuga della Meloni lasciando Nordio e Piantedosi da soli contro tutti- IL VIDEO

Un’Inversione di Tendenza per la Premier?

Negli ultimi due anni e mezzo, Giorgia Meloni ha dimostrato un’abilità comunicativa notevole, riuscendo a mantenere saldo il consenso anche in situazioni complesse. Tuttavia, secondo il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, la Premier starebbe ora attraversando un momento di difficoltà che ricorda il “Papeete” di Matteo Salvini: un periodo in cui tutto quello che si tocca si trasforma in un boomerang politico.

Durante l’ultima puntata di Accordi & Disaccordi, il talk show condotto da Luca Sommi su Nove, Travaglio ha analizzato la recente gestione della vicenda del cittadino libico Almasri, rilasciato dal governo italiano nonostante il mandato di cattura della Corte penale internazionale. Il giornalista ha ironizzato sulla scelta di Meloni di affidare la difesa della decisione in Aula ai ministri Carlo Nordio (Giustizia) e Matteo Piantedosi (Interno), paragonandoli ai celebri personaggi comici Totò e Peppino. “Il problema – ha spiegato Travaglio – è che lei ha come ministro della Giustizia e come ministro dell’Interno, Totò e Peppino, e quindi, sapendolo, avrebbe dovuto prevedere che avrebbero fatto una figuraccia”.

Bugie Contraddittorie e una Difesa Imbarazzante

Uno degli aspetti più critici della gestione del caso, secondo Travaglio, è stata l’incapacità del governo di fornire una spiegazione coerente. Il ministro Nordio ha dichiarato che i documenti della Corte penale internazionale erano in inglese e dunque difficili da comprendere, mentre Piantedosi ha parlato della presenza di allegati in arabo. Ma poi il governo ha anche affermato di aver capito che l’ordine di arresto era nullo. “Come hai fatto a capirlo se era in inglese e in arabo? – ha incalzato Travaglio – È evidente che quando si sceglie una bugia, non si può tornare ad altre bugie che contraddicono la prima. O insisti sulla prima o dici la verità”.

L’episodio è stato visto come un tentativo maldestro di nascondere le vere motivazioni della decisione. Per il giornalista, il governo avrebbe potuto semplicemente ammettere di aver estradato Almasri per motivi geopolitici, legati alla gestione dei flussi migratori e alla protezione degli interessi italiani in Libia, piuttosto che avventurarsi in giustificazioni poco credibili.

Dalla “Re Mida” alla “Re M”

Travaglio ha poi fatto un paragone significativo tra la fase attuale di Meloni e il declino di Matteo Salvini dopo l’estate del 2019, quando il leader della Lega passò da un successo politico travolgente al crollo del consenso. “Ci sono fasi in cui tutto ti va bene, anche a prescindere dalla tua abilità – ha spiegato – È il periodo d’oro della fase Re Mida. Poi c’è il periodo Re M, dove tutto quello che tocchi si trasforma in sterco, e questo è il momento che sta attraversando la Meloni”.

Secondo il giornalista, la Premier ha sottovalutato l’impatto della vicenda e ha gestito male la comunicazione, lasciando ai suoi ministri il compito di difendere l’indifendibile. Questo errore potrebbe rappresentare un punto di svolta negativo per la sua leadership, soprattutto considerando che fino a questo momento la sua capacità di controllo del messaggio politico era stata uno dei suoi punti di forza.

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Un Segnale di Debolezza?

Al di là delle battute e delle metafore colorite, la questione solleva interrogativi più profondi sulla tenuta del governo. Meloni ha sempre basato la sua strategia su una comunicazione diretta ed efficace, capace di trasformare anche gli attacchi in opportunità per rafforzare il consenso. Tuttavia, quando un governo inizia a inciampare nella propria narrazione e a contraddirsi apertamente, il rischio è quello di perdere credibilità.

Il caso Almasri è solo l’ultimo esempio di una gestione politica che sembra meno lucida rispetto al passato. L’opposizione ha colto la palla al balzo per mettere in evidenza le incongruenze del governo, mentre l’opinione pubblica inizia a interrogarsi su quanto sia solida la leadership di Meloni di fronte alle prime vere difficoltà.

Se la Premier non riuscirà a recuperare il controllo della narrazione politica e a evitare errori simili in futuro, il paragone con il declino di Salvini potrebbe rivelarsi più che una semplice provocazione giornalistica.
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