Ieri Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, è stato ospite da Giovanni Floris a DiMartedì. Tra le altre cose ha commentato la visita di Giorgia Meloni da Orban in Ungheria, dove ha rilanciato il grido “patria, Dio e famiglia”. Sentite il ragionamento di Travaglio, in fondo all’articolo trovate anche il video:
“Quando senti pronunciare il nome di Dio invano così tante volte, così sgangheratamente, ti viene da rimpiangere l’antico testamento, dove ogni tanto qualcuno veniva fulminato. Ammesso e non concesso che qualcuno si faccia abbindolare da quest’idea che la Meloni vada da Orban a dire che sta difendendo Dio, si diceva “difenditi dai nemici che dagli amici mi guarda Dio”. Beh, Dio dovrebbe guardarsi dagli amici! Adesso però essendo Dio gli tocca fare tutto a lui.
L’estate da questo punto di vista sembrava un cabaret a confronto, e questi sembrano nati per farci divertire. Se non fossero al governo sarebbero dei grandissimi umoristi e dei grandissimi cabarettisti, il problema è che purtroppo non possiamo permetterci di ridere perché ci stanno governando. Per quanto riguarda l’alleato liberale, io non ho mai visto niente di liberale in Berlusconi e nei suoi seguaci. Penso che Berlusconi quando è morto sia stato celebrato con un’enfasi totalmente fasulla, non perché non gli volevano bene, perché purtroppo poveretto quelli che gli volevano sinceramente e disinteressatamente bene erano pochissimi, ma perché tengono al fatto che il berlusconismo passi alla storia come una cosa positiva.
ULTIM’ORA – Arriva l’annuncio di Giuseppe Conte su costituente. “Abbiamo raggiunto…” – VITTORIA?!
“Soddisfazione per tutti, vittoria per chi ha deciso di decidere” Roma, 23 novembre – Il Movimento 5 Stelle (M5S) ha
Cioè che quello che ha fatto lui si possa fare anche dopo, il modo di fare politica più comodo al mondo. Il mondo che aveva introdotto Berlusconi in trent’anni è: puoi fare qualunque porcata, puoi farti gli affari tuoi, puoi farti le leggi per te, puoi essere in totale conflitto di interessi, puoi avere condanne e quando qualcuno ti chiede di rispondere, tu rispondi con una battuta, oppure racconti una barzelletta. Mai rendere conto delle porcate che fai. A proposito del mio libro ho detto: aprite una pagina a caso, leggete una porcata, una cazzata che trovate a caso e domandate quali politici nel mondo l’hanno fatta, al netto di tutte le altre 500 pagine. Non potrebbe sopravvivere nelle istituzioni per trent’anni e morire col presidente della Repubblica al funerale e la presidente della corte costituzionale e il parlamento che fa la standing ovation” conclude Travaglio nel suo intervento.
Ricordiamo che Giorgia Meloni aveva fatto un discorso in Ungheria su questa «grande battaglia per difendere l’identità della famiglia, difendere Dio». Una frase potente, riporta Avvenire, un concetto impegnativo in bocca a un presidente del Consiglio, che fa fare alla politica italiana un’evoluzione in stile americano, lì dove il rapporto fra politica e religione è molto complesso: dove il principio incontestato della libertà religiosa convive da sempre con i continui riferimenti a Dio, nei giuramenti e nei discorsi presidenziali, perfino sulle banconote. È una frase che interpella anche chi è cristiano.
Travaglio e quella frase su Dio di Giorgia Meloni
Non per il riferimento in sé, ma per il retrogusto spiazzante, quasi imbarazzante. In primis, per quel tono così netto ed esplicito, non usato nemmeno dal Papa. La storia ci tramanda il ricordo dei “defensor fidei” dei secoli passati, ma qui la nostra premier è andata anche oltre: ha parlato espressamente di «difendere Dio», quasi un livello superiore sul piano terminologico perché il difensore per definizione può tutelare qualcuno che non è in grado di farlo da solo.
Tutti ricordiamo le foto di Donald Trump con la Bibbia in mano, fino ad arrivare ai rosari sbandierati in Italia da Matteo Salvini. È un discorso che vale a ogni latitudine: Vladimir Putin ha esibito la sua ortodossia per riempire di contenuti l’eredità dell’ex impero sovietico. Anche il contesto, inoltre, può risultare come improprio, al di là della laicità dello Stato che ogni premier è chiamato a rappresentare: un conto è testimoniare la propria fede in una sede specifica, altro è evocarla in un consesso politico internazionale che può prestarsi a strumentalizzazioni di varia sorta, specialmente in un Paese noto anche per la linea ultra-dura sui migranti. Il rischio è sempre lo stesso: l’abuso di riferimenti a Dio e alla religione può servire a coprire i vuoti lasciati dall’inefficacia dell’azione politica, per far presa sui sentimenti della gente.