Travalgio soprende tutti: Ecco cosa ha rivelato su Conte. “E’ l’unico che…” – IL SUPER VIDEO

Nel suo editoriale alla trasmissione Accordi & Disaccordi su Nove, Marco Travaglio ha sferrato un attacco frontale contro quella che definisce la “stampa atlantista”, accusandola di essersi rivelata completamente inaffidabile sulla guerra in Ucraina. Con la sua solita ironia tagliente, ha smascherato la retorica bellicista e messo in evidenza le incongruenze di coloro che ora cercano di scaricare le colpe su Giuseppe Conte.

I “giornaloni” in crisi: senza più punti di riferimento

Travaglio descrive uno scenario in cui i principali organi di informazione italiani – quelli che hanno sostenuto acriticamente la linea filo-NATO e filo-Kiev – si trovano ora senza una direzione chiara. La guerra in Ucraina non sta andando come previsto, e le loro certezze si stanno sgretolando.

«Ora che il re è nudo e non sanno cosa mettersi, hanno perso praticamente i punti di riferimento, non hanno più puli da leccare» – afferma il direttore del Fatto Quotidiano, sottolineando come questi giornalisti, anziché ammettere di aver sbagliato tutto, continuino imperterriti a diffondere nuove narrazioni per giustificare la loro posizione.

Un aspetto che Travaglio evidenzia con sarcasmo è la loro reazione preoccupata di fronte alla possibilità che possa scoppiare la pace in Ucraina: «Hanno la faccia da funerale perché rischia di scoppiare la pace in Ucraina. Non sia mai che scoppi la pace». Un’accusa pesante, che punta il dito contro chi, in nome di un cieco allineamento alla NATO, sembra aver trasformato la guerra in un dogma ideologico.

Il capro espiatorio Conte: colpevole di aver detto l’ovvio

Chi pagherà per tutti gli errori commessi dalla narrazione bellicista? Secondo Travaglio, i giornalisti “scemi di guerra” hanno trovato un nuovo bersaglio: Giuseppe Conte. Il leader del Movimento 5 Stelle viene attaccato per aver semplicemente affermato un’ovvietà: Donald Trump, con il suo annuncio di voler interrompere il sostegno all’Ucraina, ha smontato tre anni di retorica sulla vittoria militare contro la Russia.

Questa dichiarazione ha fatto esplodere i giornaloni, che ora dipingono Conte come “putiniano” e “trumpiano”. Ma Travaglio ricorda come Conte non abbia mai espresso alcuna simpatia per Putin e, anzi, abbia avuto più di un duro scontro con Trump, specialmente sul Venezuela e sulla Cina.

Se si dovesse seguire la logica di chi oggi accusa Conte, allora – secondo il giornalista – molti altri leader politici dovrebbero essere etichettati come “putiniani”.

Dai governi passati agli amici di Putin: la realtà dimenticata

A sostegno della sua tesi, Travaglio ricorda una serie di episodi che dimostrano come negli ultimi decenni numerosi leader italiani abbiano intrattenuto rapporti stretti con Mosca:

Romano Prodi, che definì la Russia “complementare all’Europa come la vodka e il caviale”.

Giorgia Meloni, che in passato si esprimeva contro le sanzioni alla Russia e sosteneva che l’Italia e Mosca condividessero gli stessi valori cristiani.

Matteo Salvini, noto per la famosa foto con la maglietta di Putin sulla Piazza Rossa.

Silvio Berlusconi, che chiamava il presidente russo “un dono del Signore” e lo considerava un uomo di pace.

Enrico Letta, che nel 2013 accolse Putin a Trieste con tutti gli onori e firmò accordi commerciali e istituzionali con Mosca. Addirittura, accettò l’invito di Putin alle Olimpiadi di Sochi, nonostante il boicottaggio di leader occidentali come Obama, Merkel e Hollande a causa delle leggi anti-LGBT approvate dal Cremlino.

Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, che aumentarono la dipendenza dell’Italia dal gas russo fino al 47,8%.


Se si dovesse applicare la stessa lente con cui oggi si attacca Conte, questi leader avrebbero avuto rapporti ben più profondi e amichevoli con Putin rispetto all’ex premier pentastellato.

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Conclusione: la guerra delle narrazioni continua

L’editoriale di Travaglio è un duro atto d’accusa contro il giornalismo italiano, colpevole – secondo lui – di aver spacciato per anni una visione semplicistica della guerra in Ucraina e di non aver fatto i conti con la realtà. Ora che la narrazione della vittoria militare si sta sgretolando, questi stessi giornalisti cercano un nuovo colpevole per i loro errori, puntando il dito contro Giuseppe Conte.

Ma la verità, sostiene Travaglio, è che il dibattito pubblico italiano è stato soffocato da una visione manichea della guerra, dove chiunque mettesse in discussione la linea atlantista veniva immediatamente tacciato di filo-putinismo. Ora che gli eventi stanno dando ragione a chi chiedeva una soluzione diplomatica, invece di un mea culpa, la strategia è quella di trovare nuovi nemici da screditare.

Il risultato? Una stampa che, ancora una volta, si dimostra più attenta a proteggere le proprie posizioni ideologiche che a raccontare la verità.
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