Ci sono importanti novità che riguardano la vicenda in cui erano coinvolti Giuseppe Conte e l’ex ministro della Sanità Speranza relativa al Covid. Ebbene, oggi le fonti giudiziarie hanno emesso il loro verdetto e si spera che questa storia sia giunta alla sua conclusione, ma facciamo un passo indietro per capire cosa è successo fin qui.
Va detto che Conte e Speranza erano accusati di omicidio colposo ed epidemia colposa. Il tutto durante le prime fasi della pandemia. Ebbene, a poco più di un mese dalla richiesta di archiviazione, il Tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza indagati nell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana. I pm di Bergamo avevano chiuso l’indagine lo scorso 2 marzo. I giudici del tribunale dei ministri – tutti civilisti, con la presidente Maria Rosa Pipponzi presidente della sezione Lavoro – hanno accolto la richiesta di archiviazione “perché il fatto non sussiste”, accogliendo la linea della Procura di Brescia.
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L'inchiesta contro Conte e Speranza
Il fascicolo era stato trasferito per competenza al Tribunale dei ministri. L’attuale leader del M5S e il deputato Speranza erano stati interrogati lo scorso 10 maggio. Durante il loro esame, come riferito dalle difese, avevano ricostruito, spiegato e chiarito i motivi delle loro decisioni per cui ora sono stati indagati, con altri 17 (tutti trasferiti per competenza funzionale al Tribunale dei Ministri), nell’inchiesta della Procura di Bergamo per la mancata istituzione di una zona rossa per isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo e per la mancata applicazione del piano pandemico che, seppur datato 2006, per la magistratura poteva limitare i danni e salvare parecchie vite. Per loro le accuse erano epidemia colposa e omicidio colposo plurimo.
Conte e Speranza, tramite i loro legali, avevano anche depositato una memoria e Speranza in una sorta di dichiarazione spontanea, ribadendo l’estraneità di ogni addebito, affermando di non aver applicato il piano pandemico del 2006 in quanto, tutta la comunità scientifica lo riteneva totalmente inefficace per combattere il nuovo coronavirus.
Come è andata a finire per gli altri indagati
Nel registro degli indagati della procura di Bergamo erano finiti anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, rimasto fuori dal Consiglio regionale nell’ultima tornata elettorale. E ancora il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro; il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo; l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. In totale 19 persone tra cui anche dirigenti sanitari e funzionari regionali. Tra le contestazioni, a vario titolo, c’erano le tardive richieste di mascherine e guanti, la zona rossa non istituita in Val Seriana e “lo scenario più catastrofico” non considerato. Oltre all’epidemia colposa contestato anche l’omicidio colposo e il contagio dei sanitari, le bugie sulla sanificazione del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo.