La notizia è di pochi minuti fa: Nicola Gratteri è il nuovo procuratore della Repubblica di Napoli, l’ufficio inquirente più grande d’Italia con 110 pm. Il Csm l’ha scelto a larga maggioranza nel primo scrutinio, con 19 voti. Staccati i rivali Amato (5 voti) e Volpe (8 voti). Bocciato un anno fa come procuratore nazionale antimafia, Gratteri ottiene il riconoscimento per una carriera in trincea contro la ‘ndrangheta, riconosciuta in tutto il mondo.
Nato nel 1958 a Gerace, Reggio Calabria, terzo di cinque figli, dopo la laurea a Catania e il concorso torna nella sua terra per cominciare a fare il magistrato. Esordisce come giudice istruttore proprio a Locri e da subito si occupa di inchieste da prima pagina, in materia di politica e mafia. Non ha ancora trent’anni quando dispone l’arresto di un assessore regionale socialista, che provoca la caduta della giunta rossa. Allora gli viene assegnata per la prima volta la scorta, che tuttora lo segue ovunque in Italia e nel mondo. Non si contano i progetti di attentati ai suoi danni, rivelati dai pentiti o sventati grazie al sequestro di arsenali mafiosi.
Negli Anni ’90 allarga le sue inchieste ai rapporti tra mafia e massoneria, e si specializza nel traffico internazionale di droga, di cui diventa il massimo esperto. Lungo l’elenco delle maxi inchieste con centinaia di arresti. Nel 2009 viene nominato procuratore aggiunto di Reggio Calabria e collabora con le Procure del Nord nelle inchieste che ricostruiscono come le cosche dalla Calabria si sono insediate stabilmente in tutto il Paese. Nel frattempo comincia a scrivere con il docente universitario Antonio Nicaso saggi sulla ‘ndrangheta che ottengono successo editoriale, per l’efficacia divulgativa e il rigore della documentazione giudiziaria.
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“Soddisfazione per tutti, vittoria per chi ha deciso di decidere” Roma, 23 novembre – Il Movimento 5 Stelle (M5S) ha
Poi gira l’Italia: festival, convegni, premi, scuole. La sua comunicazione è diretta, semplice, concreta. Le televisioni se ne contendono le interviste. Diventa anche un modello per una larga parte della magistratura, per lo più inquirente, e in particolare per i giovani magistrati. Fustiga le correnti della magistratura. Anche la politica lo cerca. Gratteri è l’unico a mettere d’accordo Enrico Letta e Matteo Renzi.
Il primo lo chiama nel 2013 a Palazzo Chigi come consulente per il nuovo codice antimafia; il secondo, l’anno dopo, lo indica addirittura come ministro della giustizia, ma deve rinunciare per il veto del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Anche il Movimento 5 Stelle lo corteggia, si parla di incarichi prestigiosi quando i grillini vanno al governo, ma non se ne fa niente. Gratteri ha sempre detto che le sue idee per riformare la macchina giudiziaria sono troppo radicali per poter essere accettate dai politici.
Dopo la candidatura senza successo a procuratore di Reggio Calabria, nel 2016 Csm lo vota a larga maggioranza procuratore di Catanzaro. Dove il suo arrivo è tumultuoso, su ogni fronte. Riorganizza e galvanizza l’ufficio, riceve personalmente i cittadini (al Csm ha raccontato di una «vecchietta in lacrime»), inanella inchieste con centinaia di arresti, «derattizza» (parola sua) collusioni anche tra forze di polizia e colleghi magistrati, rivoluzione l’edilizia giudiziaria negoziando personalmente con il ministero i lavori per il nuovo palazzo di giustizia e quelli per la costruzione di una gigantesca aula bunker in un capannone industriale abbandonato.
Chi è Nicola Gratteri
In quell’aula bunker è alle battute finali il processo Rinascita Scott, il suo fiore all’occhiello, frutto di una maxi inchiesta con oltre 300 arrestati, che ha ricostruito la mappa criminale di un pezzo della Calabria, comprese le connessioni con politica e massoneria. Nell’ambito di questo processo, a proposito dell’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, è sorta una delle non poche polemiche politiche sul suo operato, e sull’esito talvolta controverso delle sue indagini.
L’ultima indagine calabrese di Gratteri è quella che ha portato, pochi giorni fa, a ricostruire l’omicidio di Maria Chindamo, imprenditrice di 42 anni, uccisa e data in pasto ai maiali come punizione ‘ndranghetista per aver pubblicato su Facebook un paio di foto con il nuovo compagno. «Non le è stata perdonata la libertà di essere donna», ha commentato Gratteri.
Ora lo aspetta la prova di Napoli: una Procura enorme, complessa, molto strutturata. I propositi di Gratteri sono tutt’altro che accondiscendenti: ha promesso efficienza, controllo ferreo sui pm “fannulloni”, accentramento carismatico delle decisioni.