Vendetta del governo sul Superbonus: “Chi vende casa ristrutturata rischia…”

Ci sono importanti novità che riguardano coloro che hanno ristrutturato casa con il Superbonus. Ecco l’ultima beffa del governo Meloni.

È ormai noto che il governo non vede di buon occhio il Superbonus 110%. Giorgia Meloni lo ha definito ‘la più grande truffa ai danni dello Stato’, insultando tanti cittadini che grazie a questa misura sono riusciti a ristrutturare casa e a renderla più efficiente. Nella prossima legge di bilancio in arrivo in parlamento, il governo sta cercando di recuperare almeno una parte dei fondi che, secondo Giorgetti e compagni, il precedente governo Conte avrebbe speso in modo eccessivo per il generoso incentivo alla ristrutturazione ecologica degli edifici.

Cosa rischia chi vuole rivendere

superbonus

Nelle bozze della manovra, è stata inclusa una misura che farà sicuramente arrabbiare chi ha beneficiato del Superbonus. L’articolo 18 del testo prevede l’inserimento dei profitti derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus nell’elenco delle plusvalenze soggette all’imposta sul reddito. In pratica il governo tasserà ancora di più chi rivende un immobile ristrutturato con il Superbonus.

In sostanza, se il prezzo di vendita di un edificio ristrutturato con il Superbonus supera il suo valore originario, la differenza sarà considerata una plusvalenza e soggetta a un’imposta sostitutiva del reddito, attualmente fissata al 26 percento. Tuttavia, vi sono alcune restrizioni importanti: la norma non si applica alle prime abitazioni, né alle case ereditate. Inoltre, la vendita deve avvenire entro cinque anni dalla fine dei lavori.

Questa imposizione dovrebbe quindi interessare solo le seconde case (ma anche terze, quarte, etc) e solo quando le vendite avvengono poco dopo la ristrutturazione, mirando principalmente a coloro che hanno beneficiato del 110 percento senza una reale necessità, almeno secondo il governo.

L’ennesima beffa del governo ai cittadini sul Superbonus

Tuttavia, la novità principale si trova più avanti nel testo, sempre all’articolo 18 della legge di bilancio. Già oggi, le cessioni agevolate di immobili acquistati, costruiti o ricevuti in donazione negli ultimi cinque anni sono considerate plusvalenze e tassate al 26 percento. Ma come si determina se una transazione rientra in questa categoria? Si calcola la differenza tra il prezzo di vendita dell’immobile e il suo costo di acquisto o costruzione (aggiornato in base all’inflazione). Tuttavia, ora si aggiunge “ogni altro costo inerente al bene stesso”.

In altre parole, di solito, i costi di ristrutturazione, gli interventi di efficienza energetica, vengono conteggiati nel calcolo del valore totale dell’immobile, riducendo la differenza tra il prezzo di vendita e il costo originale. Tuttavia, per gli immobili coinvolti nel Superbonus, i costi dei lavori non verranno conteggiati a meno che il proprietario abbia dedotto l’incentivo dalle proprie imposte. Non verranno considerati se il proprietario ha invece optato per lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Le conseguenze sono piuttosto chiare. Se i costi dei lavori non influenzano il costo fiscale dell’immobile nella vendita, è probabile che il valore dell’immobile sia inferiore al prezzo di vendita. In effetti, se hai ristrutturato una casa con il Superbonus 110 percento, il suo valore sul mercato aumenterà. Ma dal punto di vista fiscale, questa ristrutturazione non avrà impatto sul valore dell’immobile, aumentando così la differenza tra il prezzo di vendita e il costo originale, e quindi la possibile plusvalenza.

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